Some contents or functionalities here are not available due to your cookie preferences!

This happens because the functionality/content marked as “Facebook Pixel [noscript]” uses cookies that you choosed to keep disabled. In order to view this content or use this functionality, please enable cookies: click here to open your cookie preferences.


Il modello terapeutico della Gestalt Therapy, mira alla crescita del soggetto e alla sua competenza relazionale.
Interesse dichiarato, infatti, della Gestalt Therapy (GT) è l’analisi della struttura della crescita del soggetto nelle sue possibilità di successo e di fallimento. Crescere non significa introdurre passivamente dentro il proprio mondo nuove informazioni ma costruire, attraverso un processo di confronto critico, una nuova integrazione tra Soggetto e Ambiente. Ecco perché la crescita avviene attraverso i contatti con l’ambiente. Ogni contatto con la novità/diversità (dell’altro) implica una fase conflittuale nella quale gli equilibri esistenti entrano in crisi (conflitto tra “vecchio” e “nuovo”, tra Organismo e Ambiente) ed una fase costruttiva, nella quale si perviene ad una nuova sintesi (cfr. la “fusione degli orizzonti” di H. G. Gadamer). Se questo travaglio si interrompe o viene precocemente evitato, non avviene il contatto con il “nuovo”, la persona blocca o riduce la propria crescita. Nella GT la psicopatologia viene, quindi, letta come un blocco della crescita. In questa prospettiva l’aggressività diventa la forza necessaria per autorealizzarsi relazionandosi in modo nutriente con l’Ambiente. Già negli anni quaranta, la GT punta sulla “costruzione reciproca di un significato” all’interno della relazione terapeuta-paziente. Dare spazio alla soggettività del paziente si declina, a livello clinico, nell’interesse per i vissuti corporei relazionali del paziente, per la sua intima autovalutazione, per la sua capacità di coniugare il suo mondo con l’Ambiente. L’istanza, infatti, che presiede alla crescita dell’Organismo non va individuata solo nell’autoregolazione dell’Organismo (cfr. le ricerche di Goldstein) ma nell’autoregolazione della relazione Organismo-Ambiente.
Sin dai suoi inizi, inoltre, la GT ha dato valore primario alla relazione, partendo dall’assunto che ogni blocco intrapsichico si forma in una relazione primaria, si riattualizza nella relazione attuale ed è curato all’interno di una relazione terapeutica. Alcune qualità che caratterizzano a livello teorico e clinico la relazione nella GT. Prima, la presenza. Il terapeuta, pur sostenuto da orientamenti diagnostici, si centra sulla relazione che si co-costruisce tra la presenza sua e quella del paziente. L’attenzione rimane focalizzata sul modo in cui egli sente presente se stesso e il paziente e sul modo in cui ad un tratto si perde la spontaneità della presenza. Il blocco relazionale che accade nel qui-e-adesso è il luogo della cura. Seconda caratterista, i vissuti corporeo-relazionali. In GT la relazione si declina nei vissuti del terapeuta e del paziente. Il ‘cosa sente’ – sia del paziente che del terapeuta- ha sempre un dato corporeo e una direzione relazionale. Diventarne consapevoli e focalizzare i modi e i tempi in cui tali vissuti si bloccano e si interrompono è il compito della terapia. Terza caratteristica è il concetto di intenzionalità relazionale. L’episodio di contatto altro non è che il dispiegarsi di un’intenzionalità di contatto del soggetto che si intreccia con quella dell’altro. Assumere l’intenzionalità relazionale come chiave ermeneutica trasforma ogni sintomo in ricerca, fallita ma non dismessa, dell’altro. Solo se il terapeuta sarà sensibile e attento al fremere dell’intenzionalità di contatto del paziente anche nella situazione di maggiore sofferenza potrà offrirgli la possibilità di ritrovare l’energia e la direzione necessari per un contatto pieno. Quarto aspetto precipuo della GT è il confine di contatto. La relazione per la GT si declina e si concretizza nel focalizzare quello spazio preciso in cui O. e A., nella fattispecie terapeuta e paziente, si incontrano. Può essere pensato come il confine di contatto (una “traità”), uno spazio dinamico relazionale che si costruisce di volta in volta quando l’O. e l’A. si incontrano. Le domande che attraversano la seduta sono: quali vissuti tra di noi? Come e quando i rispettivi vissuti sembrano non autoregolarsi reciprocamente? Quale il senso relazionale dei vissuti percepiti non congruenti? Tale focus si differenzia dall’empatia centrata sui vissuti dell’altro o dall’analisi transferale della relazione, perché punta a fare emergere quel che sta accadendo tra i due a livello di vissuti reciproci. Quando il terapeuta e il paziente sperimenteranno al confine di contatto reciprocità di integrità e di spontaneità la relazione terapeutica diventerà sfondo ed emergerà come figura nitida e pregnante quella terapia continua che è la vita, nella ricchezza e nella complessità dei mille contatti nei quali si esprime e si ricrea.

Giovanni Salonia

Su questo sito Web utilizziamo strumenti di prima o di terzi che memorizzano file di piccole dimensioni (cookie) sul dispositivo. I cookie sono normalmente utilizzati per consentire al sito di funzionare correttamente. I Cookie tecnici, per generare rapporti sull’utilizzo della navigazione cookie statistici e per pubblicizzare adeguatamente i nostri servizi / prodotti e i cookie di profilazione. Possiamo utilizzare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un’esperienza migliore.
Cookies policy
Privacy policy

Some contents or functionalities here are not available due to your cookie preferences!

This happens because the functionality/content marked as “%SERVICE_NAME%” uses cookies that you choosed to keep disabled. In order to view this content or use this functionality, please enable cookies: click here to open your cookie preferences.