Gli anni trascorsi insieme, gli incontri e le intuizioni: superata la soglia dei quarant’anni di attività per il nostro Istituto e dei settant’anni di storia per la Gestalt Therapy, abbiamo voluto ripercorrerne il percorso e le evoluzioni teoriche e cliniche che abbiamo sviluppato in questi anni con due numeri speciali (il 9 e il 10) della nostra rivista annuale.
Ecco di seguito un estratto dall’articolo del direttore dell’Istituto Giovanni Salonia, “40 anni di Gestalt”.
Parallelamente al mio avanzare nella comprensione – riletture e approfondimenti – del testo fondativo, mi rendevo conto anche di alcune incoerenze teoriche nella GT che, purtroppo, sono trasmesse a tutti i gestaltisti e in tutta la letteratura gestaltica senza una adeguata masticazione. In modo particolare, ho individuato due errori nella teoria della GT che ne rendono incompleta la comprensione e che, chiariti, rivelano invece prospettive nuove a livello teorico e clinico.
Nonostante la GT fosse nata dall’intuizione di Perls secondo cui la crescita non avviene – come sembrava sostenere Freud – dall’ingoiare (le interpretazioni) ma dal masticare ciò che viene dall’Ambiente, nella letteratura gestaltica esistono due introietti che costituiscono due errori teorici e clinici.
Il primo errore è di Perls. Egli aveva teorizzato che l’aggressività anale è anticipata e già presente nella fase orale. […] In realtà la confusione di Perls sta nel fatto di aver identificato l’aggressività della fase orale con l’aggressività della fase anale. Due energie differenti: la prima – orale – è la re- azione dell’Organismo a ciò che propone l’Ambiente, dato che la dentizione riguarda il cibo (ossia l’Ambiente). L’aggressività anale, invece, non è risposta all’Ambiente ma è l’esperienza della propria energia nel trattenere o lasciare andare qualcosa dal proprio corpo. È espressione della propria autonomia ed è potere nei confronti dell’Ambiente (della figura materna). Questo errore di Perls ha pro- dotto una grave lacuna teorica: non ha elaborato il tema del potere personale, della propria forza.
[…] Considero un altro grave errore l’avere relegato la collocazione della funzione-Personalità del Sé nel post-contatto come funzio- ne inconsapevole di assimilazione dell’esperienza del contatto e principio del divenire. Anche se tutti (tutti!) i gestaltisti sostengono questo, bisogna rendersi conto che non è e non può essere così. […] Forse nel contesto in cui fu elaborata la GT – contesto della «morte del padre» – la funzione-Personalità era stata sottovalutata perché identificata da Goodman con un «grumo di introietti» autoritari (i doveri) che impedisce le espressioni creative del soggetto. Oggi, nel contesto di una società liquida, si scopre che la funzione-Personalità riletta secondo questo nostro modello Salonia-Sichera diventa il filo che cuce il mondo interiore e quello relazionale. Ecco allora la sfida: la novità del “cosa sento” si deve confrontare con “chi sono diventato io che sento”.