Giocando, inoltre, si apprende l’arte di rischiare, di essere pronti all’imprevedibile: l’uomo ‘deve’ rischiare, portare al massimo le proprie potenzialità per potersi conoscere e poter esplorare parti di sé sconosciute. Goodman sostiene che molta della tristezza degli uomini deriva da una mancanza di audacia. Nel gioco si può essere audaci dentro un cordone di sicurezza: i contorni del gioco, infatti, sono chiari e chi sceglie di giocare sa a quali possibilità va incontro. Quando il disagio psichico prevale sulla gioia del giocare allora il gioco diventa dipendenza, azzardo, voglia cieca e incontrollata di sfidare la voragine. Ma si gioca anche per sperimentare la propria capacità di essere creativi: il gioco offre sempre una possibilità di inventare soluzioni nuove, di far fronte ad imprevisti. Ed è irresistibile nell’uomo la voglia di provarsi, di accrescere i confini dell’identità. Il gioco è questo luogo vincolato e libero, ripetitivo e creativo in cui l’uomo prende le misure delle proprie potenzialità.
Giovanni Salonia