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L’esperienza è dunque una totalità, intesa come processo di contatto, il cui ritmo e la cui legge interna non variano, indipendentemente dal contenuto dell’esperienza (si tratti, ad esempio, di nutrirsi, si tratti di funzioni fisiologiche o di apprendimenti affettivi o educativi). Due cose bisogna notare: 1) l’esperienza non è mai opera di un soggetto isolato, ma frutto della sua creatività nel campo, del suo manipolare, rifiutare, scegliere le possibilità, offerte dal campo, ovvero l’esperienza è adattamento creativo, la creatività le appartiene intrinsecamente; 2) quel che viene assimilato nel processo di contatto entra a far parte dello sfondo corporeo come una seconda fisiologia, un’abitudine inconsapevole ma sempre riattingibile, indipendentemente dal suo appartenere al pre-edipico o all’edipico. Non è necessario pensare cioè ad un inconscio non rimosso, ma ad un retrocedere della figura nello sfondo, un’assimilazione corporea inconsapevole dell’elemento nutriente, che nel processo di contatto  ‘sufficientemente buono’ genera la possibilità di ricontattare l’esperienza o attraverso il sapere corporeo (perché delle primissime esperienze infantili perdiamo la memoria dei contenuti, ma la memoria corporea della forma delle esperienze – del calore ricevuto, della fiducia accordata, della spontaneità vissuta, dell’ardore sentito – permane vivissima e riattingibile come un potere formidabile della vita adulta) o attraverso il sapere linguistico, nel caso di apprendimenti successivi all’apparizione e all’uso di questa eccezionale facoltà.

Antonio Sichera, Dalla frattura freudiana alla continuità gestaltica: lo scarto epistemologico di Gestalt Therapy, in G.Salonia e A. Sichera, Edipo dopo Freud, GTK Books 1 – Rivista di psicoterapia, pag. 53-54



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