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Nella fase di formazione dell’esperienza può creare confusione, anche se a differenti livelli di gravità, lo stile educativo intrusivo (esempi: «Vai a letto, non ti accorgi che hai sonno?», «Mangia che hai fame», «Copriti, c’è freddo», «Lo so cosa ti succederà adesso» e simili) che interrompe la spontaneità nel processo fisiologico di sperimentare ed apprendere dall’esperienza i vissuti corporei, emotivi, relazionali. Come se si apprendessero i nomi delle emozioni senza averne fatto esperienza, come se si realizzasse quel nomina nuda tenemus che, di volta in volta, assume implicazioni differenti. Risulta confusivo anche lo stile educativo che anticipa al bambino a livello verbale i percorsi e i nomi di una esperienza che sta appena iniziando a vivere e che non ha ancora raggiunto la propria forma. Questo timing sfasato impone una direzione esterna precostituita alle sensazioni ancora germinali che il bambino comincia a provare e gli impedisce così l’apprendimento-per-esperienza di quei processi e delle sfumature che si succedono quando un’emozione deve prendere forma (ad esempio: chiamerà ‘rabbia’ anche una ‘leggera irritazione’). Sintetizza Conte: «Il bambino è stato quindi precocemente iperdefinito […] con una falsa ed ingannevole sorta di empatia che non gli permette di apprendere il giusto nome del suo sentire. L’esperienza del bambino è stata interrotta determinando una difficoltà nel processo di simbolizzazione e di significazione dell’esperienza. […] Questa ingannevole anticipazione dell’esperienza offerta dal genitore al posto di un sostegno rispettoso delle differenze e delle istanze di autonomia del bambino diventa un imbroglio. Di conseguenza il bambino cresce nella confusione sui propri vissuti».
Giovanni Salonia

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