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Nell’ottica del modello GTBL, il nodo cruciale è leggere la valenza relazionale che la definizione dell’esperienza assume con questi pazienti. Il PBL si sente immediatamente ‘incastrato’, come se lo si costringesse a provare un vissuto mentre prova più cose allo stesso tempo. «Lei si sente trascurato» è un linguaggio che rischia di iperdefinire. Allo stesso modo dire: «Apprezzo la tua attenzione», contiene già un inganno. Nella logica ‘altra’ di questi pazienti, un’affermazione del genere vuol dire: «O stai sempre attento o non ti apprezzo più». La risposta empatica è rischiosa, poiché può essere vissuta come definizione. È più utile una chiarificazione empatica, ovvero la chiarificazione dell’azione presente: «Quando lei si sente così… allora agisce in questo modo» etc. La sospettosità, con cui questi pazienti entrano in contatto nella relazione, assume un senso se si colloca nell’esperienza originaria di imbroglio e confusione, piuttosto che essere una caratteristica intrapsichica o un tratto aggressivo strutturale. Intrappolare la persona in un vissuto che non le appartiene, o farlo troppo velocemente, vuol dire imbrogliarla e rigettarla nel dilemma relazionale più antico. La diffidenza verso il terapeuta, così come in tutte le relazioni della loro vita, ha dunque sempre un aggancio, un motivo, nel presente della relazione terapeutica stessa.
Andreana Amato, “«…Come se fossi nata ‘dispara’…» Il modello di Traduzione Gestaltica del Linguaggio Borderline (GTBL). Attestazioni cliniche”, in G. Salonia (ed.), La luna è fatta di formaggio. Terapeuti gestaltisti traducono il linguaggio borderline, Ed. Il pozzo di Giacobbe, pagg. 118-119






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