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La scoperta della possibilità di esprimere se stessi e di realizzare la propria soggettività, se da una parte provoca euforia (“posso esprimere il mio pensiero”), dall’altra rende deboli le identità. Si parla anche del “pensiero debole” come uno dei limiti del nostro tempo, dimenticando che i pensieri forti, i pensieri unici e omologati diventano luoghi di disumanizzazione, dove si smarriscono le ineliminabili unicità delle persone. Forse il pensiero debole – se inteso come inevitabile soggettività e relatività della percezione (e, quindi, della conoscenza) – può rivelarsi spinta positiva per ricercare l’integrazione con l’altro. L’attenzione alla soggettività, compresa in un’ottica evolutiva, diventa non luogo di potere, bensì sereno riconoscimento del costitutivo bisogno di confronto con l’inevitabile pluralità dei punti di vista. In tempi in cui una società non ha una condivisa percezione di pericolo, la strada, da luogo pericoloso (in cui si possono incontrare i nemici) diventa luogo della convivialità, luogo in cui si danno molteplici occasioni di sperimentare e attuare le proprie potenzialità.

Giovanni Salonia, Odòs, la Via della vita. Genesi e guarigione dei legami fraterni, EDB, Bologna 2008, pagg. 97-98



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