Diversa è la qualità dell’invidia di colui che rimane bloccato nella fase proiettiva, del protendimento cioè verso ciò che i suoi sensi vedono, così da esasperare l’evidenza sensoriale (visiva) e fissarsi sull’esterno senza rendersi conto del vuoto che tutto questo determina nel suo mondo interiore. Il vuoto interiore – se assunto, ossia abitato – si evolve in senso di integrità, se non assunto diventa ossessione visiva. Si è quasi ostinati e costretti a vedere l’altro felice e sempre più fortunato di noi. Qualsiasi cosa la madre dia al fratello (anche una medicina) viene percepita, in modo indiscriminato, tolta a noi. Infine, un terzo tipo di invidia è quella che si sviluppa nella fase dell’autonomia e del camminare (fase del sano narcisismo). Il narcisista ha bisogno di sentirsi l’unico, per cui non accetta i fratelli (P. Aparo): la sua invidia si manifesta nel ‘non-vedere’ l’altro e, in particolare, i successi dell’altro. Si protegge dai tormenti dell’invidia chiudendo gli occhi («Occhio che non vede, cuore che non duole»): esprime così il suo disprezzo per l’altro e si ripara dalla sofferenza di vedere altri fratelli (altri narcisi?).
Giovanni Salonia (ed.), “I come invidia”, Cittadella Editrice – Psicoguide, 1° Edizione Marzo 2015, pag. 69