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Al trattamento del trauma in Gestalt Therapy dedicheremo, sabato 22 aprile, l’ultima lezione del Corso di alta formazione in Psicopatologia gestaltica, con crediti ECM. È ancora possibile partecipare come uditori.

Gli elementi cardine del trattamento del trauma secondo i principali approcci contemporanei sono essenzialmente due: a livello sensorio, si pone una particolare attenzione allo sviluppo di una buona autoconsapevolezza corporea da parte del paziente; a livello motorio, viene ritenuto prioritario rintracciare l’intenzionalità motoria bloccata nel corpo della persona traumatizzata e portarla a compimento.

Come è noto, in GT l’obiettivo primario della cura risiede, da sempre, proprio nel conseguimento dell’integrazione sensoriale e motoria dell’esperienza, si parla infatti di «esperienza sinaptica». A questa si aggiunge un altro elemento specifico del nostro approccio: la particolare importanza attribuita alla relazione di cura, vista come principale elemento terapeutico, capace di fornire sostegno e contenimento al paziente, spesso traumatizzato proprio nel contesto delle relazioni primarie.

Alla luce di ciò, il primo passo per consentire l’elaborazione dell’esperienza traumatica consiste proprio nel fornire al paziente una trama relazionale sana, giacché «avere una trama in cui assimilare l’esperienza significa elaborare il trauma». Tale esperienza relazionale farà sì che le sensazioni intense del trauma vengano pian piano associate «alla sicurezza, al conforto e alla padronanza» sperimentati nel qui-ed-ora dell’incontro col terapeuta. Inoltre, poiché il trauma, configurandosi come un «grave tradimento delle aspettative», provoca una rottura della fiducia tra O. ed A., uno dei principali obiettivi terapeutici con il paziente traumatizzato consiste proprio nel ricostruire tale fiducia, principalmente attraverso la stabilità, l’affidabilità e la prevedibilità della relazione terapeutica stessa.

Il venir meno della fiducia e la memoria corporea del trauma creano nel corpo della persona traumatizzata una serie di tensioni e desensibilizzazioni che ne rimpicciolisce o altera lo schema corporeo implicito generando una sorta di «postura antalgica» che funzionerà come un’autentica «fisiologia secondaria»: come afferma Salonia, infatti, «nel trauma il corpo non è più rilassato, non ha fiducia e si protegge lì dove è stato ferito». La postura antalgica così generata si configurerà come un insieme di adattamenti ad «esigenze ambientali croniche dolorose» e porterà necessariamente ad un funzionamento ridotto e/o alterato del Sé: il paziente, infatti, metterà in atto inconsapevolmente modalità relazionali poco funzionali o nettamente disfunzionali nel presente, avendo perso nel tempo la consapevolezza della loro originaria funzione adattiva.

Sarà dunque di grande importanza riuscire ad individuare le tensioni inscritte nel corpo del paziente, poiché proprio in esse sarà possibile riscoprire l’originaria intenzionalità organismica bloccata, e così fornire al paziente stesso il sostegno specifico necessario per portarla a compimento. In particolare, poiché molte tensioni corporee sono legate a gesti che non abbiamo portato a termine, «individuare le tensioni vuol dire individuare dove c’è un gesto mancato o un’immagine bloccata». Per far ciò, dal momento che «il respiro è il ponte tra il volontario e l’involontario, tra l’anatomia reale e quella simbolica», occorrerà osservare, oltre agli atteggiamenti posturali del paziente, anche il suo stile respiratorio, stando al contempo in contatto con le nostre ‘risonanze intercorporee’ di terapeuti. In tal modo, potremo cogliere il sistema di tensioni muscolari che ostacola il pieno accesso alle sensazioni corporee e la completa espressività motoria del paziente.

[S. Gargano, Il Trauma e il corpo in Gestalt Therapy, Pensa Multimedia, 2022]

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