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Corriere della sera del 31 Agosto 2013
di Elvira Serra

Adesso Clint. Chi sarà il prossimo? Non bastavano Monica e Vincent, Michael e Catherine, Sergey e Anne: chi altro si lascerà prima della fine di questa estate nera nerissima per il matrimonio? Mancano solo Cenerentola e il Principe Azzurro, e poi possiamo davvero scrivere la parola fine alla favola dell’amore eterno. E non solo perché niente è per sempre (e ce lo dimentichiamo spesso). Ma perché unioni pluridecennali come quella tra Paul Newman e Joanne Woodward o tra Stanley e Christiane Kubrick stanno diventando reperti di antropologia sociale. C’era una volta.
Clint Eastwood e Dina Ruiz, 83 e 48 anni, da molti mesi vivevano separati e soltanto l’altro ieri hanno fatto sapere che non stanno più insieme. Si erano sposati il 31 marzo del 1996 e avevano avuto una figlia, Morgan, la settima per il regista di Gran Torino. «Resteremo amici», è la frase consolatoria a beneficio di chi ne apprezzava i weekend in famiglia (allargata) trascorsi sulla spiaggia, a passeggiare, ascoltare musica, fare la spesa al supermercato. Loro come noi.
 Ma se anche loro si lasciano, quali speranze ci sono per noi?
Eppure, questo è il periodo storico migliore per la coppia del mondo occidentale, secondo padre Giovanni Salonia, cappuccino e psicologo gestaltico.

«Perché ci si sceglie per amore, con un progetto da coltivare. Non esistono più i matrimoni combinati, né è un obbligo sposarsi».

E allora cosa fa inceppare relazioni che sembravano tenute insieme dall’alchimia pura, come nel caso di Monica Bellucci e Vincent Cassel, o dalla «com-passione», cioè dalla condivisione delle difficoltà, come per Michael Douglas e Catherine Zeta Jones? E Sergey Brin, alias Mr Google, non sembrava unito a filo doppio a sua moglie Anne Wojcicki da una incrollabile fiducia nelle potenzialità della Rete e dalla capacità di sfruttarle?
Il punto è che ci si lascia prima di quando ci si lascia. «Ci si comincia a separare molto prima di quando ce ne si accorge», spiega padre Salonia. Come terapista di coppie, come guida spirituale e come curatore, per oltre venti anni, di corsi prematrimoniali, invita a vedere nella separazione un momento di crescita, e non un fallimento. D’accordo. Ma come evitare di arrivare al punto di non ritorno?
«Con l’eros. Il filo di Arianna potrebbe essere l’attenzione al proprio corpo e a quello dell’altro. Il dialogo come condivisione dei corpi fa entrare in contatto con le proprie emozioni e con quelle del partner. Se non ci fosse l’eros, non si uscirebbe da se stessi per entrare in un sentiero inesplorato, si vivrebbe di schemi uguali, noti, prevedibili, che sono quelli legati ai genitori, alla vita di relazione precedente, non a quella nuova che si desidera condividere con un compagno».
Di Monica Bellucci si è scritto che avrebbe lasciato Cassel per il magnate azero Telman Ismailov. Di Brin, per la relazione con la giovane collega Amanda Rosenberg.
«Quando due persone vengono da me per separarsi, il problema vero non è mai l’altra donna o l’altro uomo, anche se a loro sembra così. Quelle sono solo conseguenze», spiega la divorzista Laura Hoesch, che distingue le buone separazioni dalle cattive. Le prime sono quelle ispirate al criterio di corresponsabilità sul perché l’unione è andata male. «La decisione di separarsi o no dovrebbe venire dopo aver compreso il perché ci si sta lasciando. Perché altrimenti è come inciampare in un ostacolo e non averlo identificato. Ognuno darà la colpa all’altro. Mentre affrontarsi apertamente, magari, può far decidere di restare insieme».
Anche il sessuologo Willy Pasini divide le buone separazioni dalle cattive.
«Le prime, liberano l’energia: lui o lei sono pronti per dedicarsi a un nuovo amore. Le seconde, molte volte, nascono dal fatto che non si stima abbastanza quello che si ha. Due ventenni si lasciano perché credevano nell’illusione del matrimonio, avevano una visione che non poteva corrispondere alla realtà. Due quarantenni non necessariamente per via dell’amante, ma perché hanno imparato a essere autonomi, con il lavoro, con gli hobby: se non si scelgono più, si lasciano. Due sessantenni perché non sono più abituati a passare tanto tempo assieme: succede infatti quando si smette di lavorare».
Un buon consiglio, per far durare un matrimonio, è imparare a litigare. Insiste Pasini: «Non bisognerebbe mai generalizzare, ma restare sul presente, sulla cosa precisa che in quel momento rende infelici. E, ancora, non bisognerebbe mai dirsi cose bruttissime, dalle quali poi è difficile tornare indietro».

John Gottman, teorico dell’intelligenza emotiva, scrisse che «le coppie felicemente sposate non sono più intelligenti, più ricche o più psicologicamente astute delle altre. Ma nella loro vita quotidiana hanno messo in moto una dinamica che impedisce ai loro pensieri e sentimenti negativi (che tutte le coppie hanno) di avere la meglio su quelli positivi».
Proviamo a ricordare cosa ci ha fatto innamorare. Se sorridiamo, se il cuore si allarga, non è ancora finita.

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