Una delle ragioni per cui i musicisti possono beneficiare dall’approccio della GT è che, nel suonare uno strumento musicale, sono coinvolti il corpo e il respiro (diaframma). Il diaframma, la gola, le spalle, le braccia, sono parti del corpo dove spesso si stampano emozioni ed esperienze retroflesse. Un musicista ci dice: «Sono terrorizzato dal fatto che se davvero lascio andare la mia voce, cos’altro potrà uscire con lei?». Il ciclo di contatto della GT è particolarmente efficace nel lavoro con i performer, in quanto le sue fasi di sensazione, consapevolezza, direzionalità, eccitazione e azione si rivelano nel contatto con la pratica strumentale. Nel modo in cui si apprende a suonare è già spesso evidente il ground su cui si possono creare problemi di MPA, difficoltà vocali e/o articolari, ecc. Una delle più comuni interruzioni del ciclo di contatto è ciò che i performers fanno con le sensazioni e la consapevolezza corporea: a volte essi sono disconnessi dai propri corpi e mentre suonano sono desensibilizzati. In GT la centralità del corpo e dell’azione, come esperienza autonoma che verifica e modifica i pensieri che la precedono, generandone di nuovi, è luogo in cui si sperimentano e si apprendono elementi decisivi della propria identità. Questo è molto pertinente all’esperienza del musicista distonico. La tecnica, cara alla GT, di chiedere di ripetere e amplificare un gesto per far diventare consapevoli del vissuto che quel gesto esprime (il ‘gesto mancato’), dà modo al terapeuta di offrire il sostegno specifico, in modo che il paziente possa attraversare l’angoscia correlata e portare a compimento ‘quel’ gesto che definisce in modo nuovo la relazione con il terapeuta. Il ‘gesto mancato’ è dunque un gesto preciso, unico e non sostituibile.
Giovanni Turra e Elena Ponzio, Il crampo del violinista. La Gestalt Therapy nel trattamento della distonia focale alla mano del musicista, inGTK 6, Rivista di Psicoterapia, Maggio 2016, pag. 79