Il desiderio del bambino verso la mamma è profondo, ma la risposta di lei a volte non lo eguaglia. Si può diventare adulti senza crescere realmente, proprio come accade al Signor Darling. Senza annodare cioè i fili della crescita personale e la consapevolezza del proprio essere stati bambini, perdendo l’intimità con il proprio bambino interiore. Tutto ciò si accumula strato su strato come una crosta dura (Montessori, 2013) e così la crescita diventa irrigidimento. Se manca il nutrimento la crescita si frammenta, avviene per necessità e non viene vissuta fino in fondo. Quando ciò accade sfuggono il senso e l’intensità della crescita e il bambino Peter Pan vola via chiudendosi dentro una corazza, un muro di silenzio. A volte è impaurito e prova a lasciare i sassolini per non perdersi nel bosco (Canevaro, 1986) perché la paura di essere abbandonato, di perdere o non avere affatto il proprio posto, la propria unicità, ne frammenta l’identità. Una paura così forte che il piccolo si sente male, così male da credere di “diventare” male egli stesso (Canevaro, 1986). Peter Pan scappa dalla carrozzina e la mamma non se ne accorge. Egli sente che per la mamma non c’è spazio per lui. I bisogni del bambino non vengono soddisfatti e rimangono sospesi, senza andare nello sfondo: in questo modo si perpetua l’eterno bambino. Peter Pan non vuole ammalarsi e allora fa tacere il suo corpo: ma così facendo, non sente più il corpo della mamma e neanche il proprio e per questo vola fuori dalla finestra. Il volo può diventare il silenzio della relazione, un silenzio così forte da farsi udire, ovvero esprimere la rabbia del non essere visto.
Dada Iacono, Gheri Maltese, Verso un nuovo pensiero felice, in Giovanni Salonia (ed.), La vera storia di Peter Pan. Un bacio salva la vita, Cittadella Editrice – 1° Edizione Dicembre 2015b, pag. 65-66