Infant Research e Gestalt Therapy a confronto
23-24 novembre 2012
In queste giornate ci si è voluti apertamente confrontare sulla regolazione emotiva e sulla relazione da diverse considerazioni di natura teorica e clinica e partendo dal presupposto che una delle più attuali prospettive di studio all’interno della psicologia clinica, in seguito alle influenze esercitate dall’Infant Research e della Psicopatologia evolutiva, è l’affermazione di un modello relazionale che supera il modello classico (intrapsichico) e riferisce la lettura dei processi evolutivi normali e patologici alla qualità del contesto interattivo ed intersoggettivo precoce (Stern, 1985).
Il prof. Tronick ha illustrato il ruolo critico svolto dalla qualità della relazione nello sviluppo emotivo e cognitivo bambino esponendo in modo dettagliato i risultati delle sue più importanti ricerche, ottenuti grazie all’introduzione del paradigma sperimentale dello Still-Face, nello studio delle interazioni madre-figlio. Egli ha evidenziato come la madre affettivamente indisponibile ha, quale conseguenza, il prodursi nel bambino di un forte stato di “stress” psicofisico. All’inizio, il bambino adotta gesti, sguardi,sorrisi, posture ossia tentativi di coinvolgere la madre, il cui fallimento provoca, nel bambino, il ritiro o comportamenti auto-consolatori: il bambino diventerà rigido per la mancanza dei processi di produzione di significato. Riparare il gap relazionale è fondamentale sia per il bambino, perché gli permette di sperimentare un sé efficace nel ricostruire e mantenere legami, sia per la relazione.
In primo luogo vi è stata, così, la constatazione del Prof. Tronick del fatto che all’interno di ogni processo relazionale, quindi anche nel contesto terapeutico, vi è l’alternarsi di rotture e riparazioni. Scopo della terapia è cambiare il significato del sé nel mondo.
In secondo luogo, vi è stata la constatazione del Prof., G. Salonia dell’importanza dell’intenzionalità relazionale -cifra decisiva della clinica gestaltica- che fa emergere dall’intimo di ogni sofferenza psichica (o patologia) l’ineliminabile, anche se inconsapevole, ricerca dell’altro. L’analisi e l’esperienza delle trame relazionali che la persona costruisce nella vita e nel setting terapeutico permettono di apprendere dentro e attraverso la relazione i modi in cui si interrompono -a livello verbale e corporeo- i percorsi che vanno da noi all’altro e dall’altro verso noi.
di Gabriella Gionfriddo, allieva-didatta sede di Ragusa