All’esame dell’Isteria – e in generale alla diagnosi differenziale dei disturbi di personalità – dedicheremo la prossima lezione del Corso di alta formazione in Psicopatologia gestaltica, con crediti ECM. È possibile partecipare come uditori.
Il punto di partenza è una ridefinizione della cosiddetta ‘paziente isterica’ in termini gestaltici: non esistono pazienti isteriche, ma bensì modalità relazionali di tipo isterico. La diagnosi cioè non coincide con l’apposizione di un’etichetta sopra la reale vitalità delle persone, ma consiste in un aumento della comprensione di noi stessi e degli altri, che raggiungiamo se guardiamo alle patologie in quanto modi in cui si interrompe l’intenzionalità, la spinta ad incontrare l’altro.
Ogni patologia è in Terapia della Gestalt un modo di entrare in relazione che non fa raggiungere la pienezza relazionale ossia un contatto nutriente tra Organismo e Ambiente. Per questo le modalità isteriche hanno rappresentato per decenni il luogo del fallimento delle nouvelles thérapies. Pazienti che sembravano migliorare velocemente con grande soddisfazione del terapeuta poi presentavano crolli inattesi e incomprensibili.
Pazienti che vivevano sedute ottime ma non cambiavano mai. I pazienti isterici, in altre parole, erano punto debole, tallone d’Achille di tutte le nuove terapie. Lisi descrive le ragioni di questi fallimenti. Un paziente che imita e vuole accontentare il terapeuta lo compiacerà offrendogli le risposte di cui è in cerca. Ad ogni verbalizzazione rogersiana il paziente isterico risponde che si sente capito. Magari, se la verbalizzazione del terapeuta non è precisa («ti senti contento», mentre il paziente è triste), risponderà: «a pensaci bene, è vero, sono triste».
[Giovanni Salonia in Rosaria Lisi, Isteria e Gestalt Therapy. Quando tutto è pertinente]