Sicuramente è una sfida della genitorialità postmoderna restare genitori anche quando un rapporto di coppia finisce. Le famiglie cambiano, si trasformano, i partner si aprono a nuove relazioni, nuove famiglie si costituiscono, ma è possibile e direi necessario mantenere una buona/sufficiente genitorialità. Si resta comunque genitori e rimane la responsabilità di non aggiungere danno alla fisiologica sofferenza che la fine della famiglia inevitabilmente comporta per i figli. Un giorno una coppia in via di separazione chiede un intervento psicoterapico: «Noi abbiamo deciso di comune accordo di separarci, ma non vogliamo che i nostri figli soffrano, pensiamo che per fare questo possono essere seguiti da personale specializzato, psicologi vero?». È chiaro che la domanda è posta male in quanto pretende di negare il dolore fisiologico dei figli nella separazione dei genitori. A volte cercare ricette e soluzioni esterne e competenti è un modo per non assumersi la responsabilità delle proprie scelte e non darsi il tempo del disappunto o della sofferenza che la fine della famiglia inevitabilmente comporta per i figli. La separazione non è sofferenza insostenibile se i genitori concedono ai figli il tempo necessario per soffrire e adattarsi ai cambiamenti che, come sappiamo, riguardano anche scelte concrete, abitudini acquisite, stanze e case familiari e nuove. Cosa ben diversa è quando abbiamo una coppia che si separa ma vive ancora la fine del rapporto, con alta conflittualità, in lotta l’uno contro l’altro. Per i figli non è importante che il padre o la madre siano perfetti, quanto piuttosto che siano capaci di proteggerli e di non richiedere alleanze esclusive contro l’altro genitore, anche se a volte per i genitori questo non è scontato e diventa un punto di arrivo più che di partenza. Il conflitto generato dalla lotta di potere – vincere sull’altro – o dalla ricerca della verità – chi ha ragione e chi ha torto – è insanabile e sterile, i figli non possono dividersi e la scissione non fa altro che alimentarne la sofferenza. I sentimenti di rabbia, rivalsa, vendetta, riguardano la coppia coniugale che deve trovare spazi individuali o, quando è possibile, di mediazione alla genitorialità, per potere separare i vissuti ancora sospesi della coppia dalla funzione genitoriale.
Valeria Conte, Il cuore della cogenitorialità nella Gestalt Therapy. Intervista a Valeria Conte e Giovanni Salonia a cura di Aluette Merenda, in GTK 6, Rivista di Psicoterapia, Maggio 2016, pagg. 44-45