Some contents or functionalities here are not available due to your cookie preferences!

This happens because the functionality/content marked as “Facebook Pixel [noscript]” uses cookies that you choosed to keep disabled. In order to view this content or use this functionality, please enable cookies: click here to open your cookie preferences.

di Giovanni Salonia*

“Per quanto tempo è per sempre?”, chiese Alice. E il Bianconiglio rispose: “A volte, solo un secondo”. In questo dialogo breve e intenso Alice esprime il profondo desiderio umano di capire il tempo. Perché il tempo semplicemente accade. Fuori di noi. Dentro di noi.

Il tempo fuori di noi prescinde dalle nostre esistenze, dalla nostra memoria. È un movimento fluido e inarrestabile, il susseguirsi di accadimenti collocati al di là della nostra volontà o percezione. È il tempo che trasforma il nuovo in vecchio, l’acerbo in maturo, il prima in dopo: è un enorme ‘mostro buono’ che senza cattiveria abbraccia ogni cosa e misura l’esistenza di ogni cosa. È il tempo che incede con andatura tenace, governa il susseguirsi del giorno e della notte, sovrastando tutti gli accadimenti con passo costante, senza che nessuno possa impedirne l’avanzata. Esiste ancor prima del nostro primo vagito. È talmente grande e ingovernabile che l’uomo, maniaco del controllo, ha sentito l’esigenza di inventare lo strumento per poterlo misurare. Illudendosi, così, di poter esserne in minima parte padrone, grazie a uno strumento che tenta, con regole tutte umane, di scandire l’andamento indominabile. È vero: ci sentiamo troppo spesso inseguiti dal tempo, inghiottiti dall’avanzare di quei secondi che diventano minuti e poi subito ore. Un flusso che solo la piccola Alice riesce per un attimo a frenare chiedendo: “Perché mai dovrebbe essere tardi per un coniglio?”. È la domanda (celata) che ogni bambino vorrebbe fare al proprio genitore, inghiottito dallo stesso frenetico “È tardi! É tardi!” del Bianconiglio, vittima della sua stessa fretta. 

Ancora una volta dai bambini proviene il saggio invito a fermarci per riuscire a sentire il tempo dentro di noi, il tempo interiore. Il tempo che scorre nel nostro corpo, nelle nostre relazioni. Abbiamo cominciato a farne esperienza la prima volta in cui abbiamo aspettato che la nostra mamma si prendesse cura di noi. Allora, per la prima volta, abbiamo sentito, nel nostro corpo, che il tempo ci passa dentro, ci attraversa. Abbiamo sentito che siamo noi la misura del tempo: il tempo dell’attesa dell’altra, dell’altro. Ma non basta. Certo, il tempo è corpo in relazione. Ma ogni relazione è fatta di episodi di interazione. E ogni interazione ha un ritmo. Ogni dialogo avviene dentro un ritmo. Due persone che parlano vivono la gioia o la fatica del timing: o i due ritmi si incontrano, o si determina una sfasatura. Abbiamo ritmi diversi. La sfida dell’incontro diventa il desiderio (e la capacità) di trovare un ritmo comune, di regolare il mio ritmo sul ritmo dell’altro. In fondo, dice Novalis, tutta la vita è musica, è ritmo musicale. E il ritmo del mio esserci nel mondo è anche il ritmo del nostro incontrarci. Un genitore incontra il figlio solo se si sincronizza con il ritmo del figlio. Il ritmo del tempo si declina infatti in una precisa scansione di ‘prima’, ‘durante’ e ‘dopo’. Il tempo vissuto è il tempo del prima, del durante e del dopo. E la qualità del tempo-prima ha valenze differenti rispetto alla qualità del tempo-durante e del tempo-dopo. Il tempo-prima, l’attesa, si impara lentamente. Il corpo ci insegna come esserne consapevoli: nell’ attesa ci prepariamo a ciò che accadrà. Quando accade l’evento al quale ci siamo preparati, sapremo esserci fino in fondo e sentire la presenza dell’altro: è questo il tempo-durante. E ancora una volta, l’esserci pienamente è il tempo giusto. Infine il tempo-dopo. Il tempo in cui l’evento termina, in cui l’incontro finisce: è il tempo prezioso in cui il nostro corpo fa memoria del contatto, dell’incontro con l’altro. Siamo tempo dunque. Siamo ritmo. Non ce lo diciamo, ma ciò che cerchiamo in ogni incontro è il fluire di una musica.  

Esiste un segreto perché la musica sia armoniosa, perché il ritmo sia fluido e scandito, perché il tempo diventi e venga vissuto come kairos? Come tempo di intensità e di pienezza della crescita e della relazione? La risposta ci viene dai poeti: “Il tempo passato e il tempo futuro / Ciò che potrebbe essere e ciò che è stato / Tendono a un solo fine, che è sempre presente […] E tutto è sempre ora” (T.S. Eliot). Presente, passato e futuro. Un’esistenza è piena se vive ogni presente come aperto al prossimo passo. È la logica dell’albero: bagnarsi quando piove, riscaldarsi sotto il sole. La sapienza antica ce lo ricorda: “C’è un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per amare e un tempo per dimenticare…”. Non si tratta di rassegnarsi, ma di essere presenti nell’ascolto del corpo e della relazione. 

C’è però un tempo che non dovrebbe mai accadere: è il tempo della guerra. Il tempo di uccidere è un tempo disumano. Il rumore assordante delle bombe non diventerà mai musica, sarà sempre distruzione della musica che vibra nei corpi. Nessuna ragione rende musica le bombe. Il tempo disumano della guerra deve diventare tempo di vicinanza, di solidarietà, di attesa. 

Così mi scrive un amico ucraino, Vadim, il direttore di una Scuola di Gestalt in Ucraina: “Carissimi, amatissimi amici e colleghi! Adesso da noi c’è la guerra. I nostri studenti sono spaventati e terrorizzati, però anche decisi nella loro intenzione di lottare fino alla fine. Il sostegno di ognuno di voi è molto importante. Dare alle persone che si sentono in panico, che sono terrorizzate, la possibilità di non sentirsi abbandonate, di essere nello spazio del sostegno di tutti. Attualmente è molto importante per noi!”. E una collega aggiunge: “La nostra nazione cerca di resistere disperatamente… nessuno è mai pronto alla guerra… e nessuno può aiutare quando comincia… noi cerchiamo di resistere a tutti i costi, perché vogliamo VIVERE… e dobbiamo vivere… e speriamo di poter vivere… ieri siamo cambiati per sempre”. 

In nome di questa volontà di vivere, gli psicologi e gli psichiatri ucraini allievi della Scuola mi hanno chiesto lo stesso di fare lezione, anche ieri, a distanza, pur sotto le bombe, per porre un segno di resistenza e di speranza. E siamo stati assieme, in collegamento, con i nostri allievi, per parlare di come far fronte al panico e dare un segno di vicinanza. Sono molte le cause per cui nasce il tempo della guerra. E quanti tempi di guerra si sono vissuti e si vivono da decenni in tanti angoli dimenticati del nostro pianeta! Il nostro pensiero oggi va a tutti, deve andare a tutti. Ma quel che conta qui per noi è dire a ogni donna, a ogni uomo immerso nel tempo che non dovrebbe mai essere, nel tempo che è la negazione del ritmo e della musica (e quindi è la negazione di sé stesso), che siamo accanto a loro perché venga il tempo di ritrovare la pace nella giustizia, perché torni il vibrare della vita, che è sempre più forte. Sperando insieme che anche dentro le nostre lagrime germini un tempo per vivere e per generare vita, per cantare la gioia dei viventi.  

*Dalla rubrica del nostro direttore Giovanni Salonia sulle pagine del quotidiano La Sicilia.

Su questo sito Web utilizziamo strumenti di prima o di terzi che memorizzano file di piccole dimensioni (cookie) sul dispositivo. I cookie sono normalmente utilizzati per consentire al sito di funzionare correttamente. I Cookie tecnici, per generare rapporti sull’utilizzo della navigazione cookie statistici e per pubblicizzare adeguatamente i nostri servizi / prodotti e i cookie di profilazione. Possiamo utilizzare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un’esperienza migliore.
Cookies policy
Privacy policy

Some contents or functionalities here are not available due to your cookie preferences!

This happens because the functionality/content marked as “%SERVICE_NAME%” uses cookies that you choosed to keep disabled. In order to view this content or use this functionality, please enable cookies: click here to open your cookie preferences.