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Eppure l’inconscio non è solo questo, non è solo un tòpos ascrivibile all’anagrafe del tragico. In esso si annida pure un’energia insospettabile, dai tratti giocosi e liberanti. L’Unbewusste [inconscio] è infatti anche la fonte della creazione estetica, la spinta potente alla deformazione onirica della realtà, alla sua messa in mora grazie allo sviluppo di un processo sorgivo, ‘primario’ appunto, nel quale si esprime il potenziale trasfigurante ed eversivo proprio dell’agire dei bambini. Qui il linguaggio viene manipolato, la ratio del reale irrisa, le regole infrante. Freud esitò di fronte a questa enèrgeia inquietante, cantandone le lodi da un lato ma dall’altro confinandola in un piano di esistenza incapace di sfiorare la realtà effettiva, e per di più concependola, dal punto di vista del poietès, solo come compensazione parziale e inattingibile di un disagio patologico. Ciò non toglie che l’inconscio sia dunque per il padre della psicoanalisi anche uno spazio ludico, il motore di quell’esperienza artistica che lungo la modernità ha non a caso rappresentato l’unica salus, quasi l’unica teologia possibile in un mondo sottratto alla tutela di Dio.

Antonio Sichera, Dalla frattura freudiana alla continuità gestaltica: lo scarto epistemologico di Gestalt Therapy, in G.Salonia e A. Sichera, Edipo dopo Freud, GTK Books 1 – Rivista di psicoterapia, p. 50

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