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Intervista a Giovanni Salonia

a cura di Piero A. Cavaleri


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Credo che da qualche tempo, nella comunità gestaltica, si è pronti a riconoscere che l’inclusione di una teoria evolutiva non solo non ostacola il lavoro sul presente, ma ne facilita la comprensione e ne esalta la pregnanza. Riflessione questa che – come hai ben detto nel tuo ormai classico La profondità della superficie – acquista particolare rilievo per i terapeuti della Gestalt. Noi, infatti, non lavoriamo sul presente ma sull’intenzionalità relazionale dell’organismo, ossia sul ‘presente-in-divenire’ (secondo il neologismo inglese ‘now-for-next’).
Una teoria evolutiva gestaltica, in effetti, ha la funzione di rispondere alla domanda se sia possibile delineare un quadro epigenetico dei vari passaggi che concorrono a formare la competenza al contatto e al ritiro dal contatto. E se – come ho scritto recentemente in un contributo sul confine di contatto nella GT – «L’Io non si dà fin dall’inizio in quanto Io, ma ‘deve arrivare a se stesso’», allora anche la competenza al contatto si forma attraverso un primo percorso evolutivo […] Dal noi all’io-tu esprime un modello di teoria evolutiva gestaltica (supportata anche dal confronto sinottico con altri modelli inerenti), che non solo delinea le fasi di sviluppo (e le patologie) della formazione alla competenza al contatto del bambino, ma si pone anche come chiave di lettura della patologia grave e diventa paradigma dei percorsi che si snodano in una relazione tra partners, all’interno di un gruppo, tra docente e allievi, tra terapeuta-paziente.
Nel mio insegnamento della teoria evolutiva gestaltica – rispettando in modo inconsapevole l’indicazione di From – inizio sempre dalla rilettura della teoria evolutiva di Freud. Parlo di ‘rilettura’ in quanto non si tratta di una riproposizione (peraltro scontata) delle fasi evolutive, ma di una esplorazione di queste fasi alla luce dell’ermeneutica corporea e relazionale della GT: quale vissuto corporeo e quale corrispondente schema del ‘tra-esser-ci’ contrassegna ogni fase. Tale metodo (riapprendere l’evolutiva a partire dall’esperienza) rende ancora più condivisibili le parole di From: la teoria evolutiva di Freud è elegante ed – aggiungerei – decisamente geniale. Una caratteristica, infatti, che la rende unica, come una pietra miliare insuperabile, è il fatto che essa è stata costruita sulla corporeità e sulle sue vicissitudini. L’intuizione dei Perls – anch’essa geniale – scopre un momento evolutivo corporeo-relazionale non colto da Freud (i processi complessi della masticazione), ma che, a sua volta, è costitutivo di un paradigma d’apprendimento e di relazione profondamente nuovo (quello da cui è nata la GT).
Giovanni Salonia

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