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Nella postmodernità questi assetti sono cambiati in modo radicale: innanzitutto la famiglia si è ridotta a livello numerico, per cui ormai rimane fuori dal suo perimetro qualunque altra figura che non sia quella dei genitori. In questo senso si parla di passaggio dalla famiglia patriarcale alla famiglia nucleare: genitori e figlio/figli sperimentano – forse per la prima volta nella storia occidentale – libertà nuove ma anche preoccupazioni e stress inediti (si pensi al lavoro extradomestico della donna con tutte le sue conseguenze: ridotta presenza in casa, problematiche educative, essere sommersa da responsabilità e da compiti professionali senza supporto familiare, sociale e legislativo, ecc.). D’altronde il matrimoni d’amore, da cui si genera il nucleo familiare, è anch’esso una realtà ed una attesa/pretesa piuttosto recente (prima l’amore romantico si poteva esprimere solo fuori dal matrimonio e aveva esiti tragici). Temi quali l’innamoramento, l’amore, il significato relazionale della sessualità negli anni sessanta erano ancora dei tabù (unica nobile eccezione L’arte di amare di Fromm) e solo dagli anni settanta in poi si è verificato un dilagare di questioni siffatte al livello sia dell’esistenza che soprattutto del dibattito pubblico. Com’è chiaro, l’affermarsi della famiglia nucleare ha portato con sé un eccezionale aumento di fragilità del legame coniugale: dal matrimonio istituzione al di là dei suoi contraenti, al fine di dare ad essi e ai loro figli sicurezza istituzionale ed economica, al legame di coppia, nelle sue varie forme giuridiche e relazionali, come ‘patto relazionale di felicità’, ossia incontro di reciproche attese eudemonistiche («Sto con te finché ti sento positivo per la mia realizzazione, altrimenti, anche se con dolore, decido di lasciarti»).

Giovanni Salonia, Danza delle sedie e danza dei pronomi. Terapia gestaltica familiare, ed. Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2017, pagg. 17-18




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