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Ogni Organismo, nel suo flusso vitale, è sempre inevitabilmente inserito in tutta una rete di traità interpersonali non significative, nel qui e ora, o perché già assimilate (sono ormai habitus) o perché indifferenti (ad esempio, lo stare assieme ad attendere il pullman crea una traità che abitualmente non diventa esperienza-evento). Traità, quindi, che pur essendo presenti non attirano l’attenzione attuale dell’Organismo e quindi rimangono nello sfondo. […] Ormai è diventato dato acquisito da tutti gli approcci la presenza in ogni relazione di uno sfondo di interazioni implicite (non necessariamente difensive) così come le terapie umanistiche avevano intuito negli anni Cinquanta. La grande intuizione delle teorie umanistiche sulla presenza, in ogni relazione, di uno sfondo di interazioni implicite è diventato, quindi, un dato. La traità interpersonale come sfondo non va intesa in termini meramente spaziali (essere-uno accanto-allo-spazio dell’altro), ma anche in termini costitutivi di reciprocità di influssi: a seconda delle persone (o dell’ambiente, inclusa la traità ‘inanimata’) che mi stanno accanto, si modificano, in modo più o meno significativo, più o meno consapevole, i miei vissuti-di-fondo (i background feelings), muta il ritmo e l’intensità del mio respiro, cambia la qualità delle mie sensazioni. Nel registro clinico della Gestalt Therapy si evidenzia come lo sfondo delle traità sia costituito da traità scontate, che costituiscono il familiare e il sostegno dell’Organismo (la sua sicurezza), e da traità problematiche, cioè contatti che, non elaborati, rimangono attivi (gestalt aperte) e interferiscono (a volte bloccano) il vivere le traità attuali e l’andare verso nuovi e nutrienti contatti.

Giovanni Salonia, L’esser-ci-tra. Aida e confine di contatto in Bin Kimura e in Gestalt Therapy, in Bin Kimura, TRA per una fenomenologia dell’incontro, ed. Il Pozzo di Giacobbe, pagg. 8-9



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