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 La presenza attiva e decisiva della funzione-Personalità nel momento stesso in cui emerge il bisogno (funzione-Es) apre orizzonti nuovi nell’antropologia e nella clinica della Gestalt Therapy. Essere attenti prevalentemente alla funzione-Es (‘Cosa sento’) crea confusioni e false direzionalità se non si è contestualmente attenti a ‘Chi sono io che sento questo’ (‘Chi io sono diventato’). È tale co-presenza (della funzione- Es e della funzione-Personalità) che dà senso alla funzione- Io. Se, infatti, la funzione-Personalità non diventasse figura e non fosse attiva sin dall’inizio – ‘Chi sono (diventato) io che sento’ – si transiterebbe direttamente dal ‘Cosa sento’ al ‘Cosa decido’, svuotando, in questo modo, la funzione-Io del compito di appropriarsi o di alienare. Tale prospettiva – che rilegge in un’elegante cornice teorica il famoso dialogo di Perls tra under-dog e top-dog– si distanzia nettamente dalla classica posizione freudiana che vede l’Io come risultato del conflitto tra Es e Super-Io. Innanzitutto il concetto di funzione- Personalità è qualitativamente differente da quello di Super- Io: quest’ultimo è una istanza regolativa esterna, quasi un corpo estraneo che entra in gioco per regolare l’Es, mentre la funzione-Personalità è una istanza regolativa intima, corporea, che risulta da tutte le esperienze assimilate (tutte le “Aha!” – dice il testo). Per tale ragione, la funzione-Io – ci ricorda P. Goodman– non ha il compito di registrare il risultato di una lotta, ma di creare attraverso un processo di identificazione e alienazione una soluzione inedita. Si tratta di una soluzione – adattamento creativo – che attraversa tutto il polemostra le due funzioni ed approda ad una nuova gestalt che si colloca al di là della logica vinti-vincitori.
Giovanni Salonia, Teoria del Sé e società liquida. Riscrivere la funzione-Personalità in Gestalt Therapy, in GTK 3, Rivista di Psicoterapia, Settembre 2012, pag. 39-41




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