Dopo Ragusa, Roma e Venezia, il “tour dell’Isteria” ha ripreso il suo giro per l’Italia da Torino, dove Rosaria Lisi ha presentato il suo “Isteria e Gestalt Therapy” al Nora Book & Coffee con l’autorevole presenza di Gianni Francesetti e Michela Gecele, fondatori e direttori dell’IpsiG – Istituto di Psicopatologia e Psicoterapia della Gestalt, un istituto che si propone di promuovere lo sviluppo di una prospettiva in psicopatologia e in psicoterapia radicata nell’epistemologia fenomenologica e gestaltica.
Gecele, Francesetti e Lisi hanno in comune un maestro: Giovanni Salonia (autore del saggio introduttivo del volume), come Gecele stessa ha affermato.
Con questa premessa, la presentazione è diventata un interessante confronto sul libro e in particolare sulla psicopatologia gestaltica e sulla lettura fenomenologia della sofferenza psichica, con un focus particolare sulla multimensionalitá – così come la definiscono Gecele e Francesetti nella loro teoria – della nosografia e della patologia isterica in particolare.
Come hanno sottolineato i due psichiatri, nel libro di Rosaria Lisi si guarda alla sofferenza psichica come un intrecciarsi di elementi che derivano non solo dalla storia familiare e relazionale del singolo, ma anche da aspetti sociali e storici.
“Freud è arrivato fino ad un certo punto – ha affermato Michela Gecele – ma d’altra parte, probabilmente, all’epoca non si poteva andare oltre. Sicuramente ha intravisto che nella società c’era un movimento in cui la donna iniziava ad avere parola o poteva iniziare ad avere parola. Oggi siamo in una fase ancora diversa, però è molto interessante tornare a quell’inizio anche per trovare un senso a come si inquadra oggi la patologia”.
Anche Gianni Francesetti ha ribadito che “siamo in una fase molto diversa, anche se l’idea che l’isteria sia un tranfert erotizzato della paziente che deve essere interpretato e per cui la paziente stessa deve essere tenuta a distanza, è un’idea presente anche oggi e, devo dire, in ambito anche gestaltico”.
“Circa un mese fa – ha raccontato ancora Francesetti – in un gruppo di supervisione, finalmente è venuta fuori l’idea che una paziente potesse essere isterica, fatto rarissimo dato non si parla in genere di isteria. Ed è venuto fuori il fatto che il terapeuta stesse tenendo lontanissima questa paziente che continuava a tentare di sedurlo, altrimenti (a suo dire) si sarebbe presa la via erotizzata. Ecco quindi l’importanza invece di poter chiedere, come Lisi scrive nel libro: ‘Che senso ha questo affetto che lanci verso di me?’. Una possibilità non ancora del tutto acquisita nell’ambito psicoterapeutico e non nemmeno nell’ambito Gestaltico. Lisi, in modo molto interessante, sostiene nel libro che il terapeuta che non riesce ad accogliere questo movimento d’affetto deve avere un qualche disturbo della funzione personalità, perché qualsiasi affetto che nasce e che si muove all’interno del setting terapeutico, anche erotizzato, è un affetto che deve trovare un senso ridando la parola alla paziente e cercando un senso insieme. Questo mi sembra veramente molto importante”.
“A proposito di questo – ha aggiunto e approfondito Michela Gecele – è importante capire che non si tratta solo di una questione di metodo, ma proprio della mancanza di quella consapevolezza del fatto che esiste una evoluzione della psicodiagnosi, della psicoterapia, della storia, della società. La cosa che mi piace molto del saggio introduttivo di Salonia è che Freud ha osato utilizzare il metodo delle libere associazioni e lo ha spostato dalla Parola alla parola delle donne. Un atto estremante rivoluzionario e innovativo. Anche nella psicopatologia, se non perdiamo la storia e il contesto, ci accorgiamo che non sappiamo più come trattare l’isteria se rimaniamo nello stereotipo. Oltre alla dimensione storica e sociale, c’è anche, certamente la dimensione biografica, un ambiente in cui si genera la sofferenza isterica. La Lisi utilizza la metafora del palcoscenico come metafora della solitudine in cui vive e cresce un figlio o una figlia che sviluppa una patologia isterica: ogni figlio, ogni bambino ha il diritto a vivere ed esprimersi su un palcoscenico ben illuminato, che ne valorizzi al meglio la bellezza; nel palcoscenico di un figlio che genera una differenza isterica ci sono solo alcuni ‘fari’ che danno molta luce, ma a condizione che ci si muova dentro quel raggio, al di fuori del quale ci si sente umiliati, non amabili. Nel palcoscenico di un bambino che svilupperà una patologia isterica, le luci sono completamente spente. Questo genera angoscia: ‘non so se esisto perché tutto attorno a me è buio’. Spesso, infatti, nella storia di un paziente isterico c’è un padre lontano e una madre ‘espulsiva’. Il bambino non ha la luce di nessuno, allora mette in atto una soluzione creativa, che poi diventa una tragica dipendenza: è costretto a salire sul palcoscenico che la vita di volta in volta gli propone per sentirsi vivo”.
Dopo la presentazione di Torino, le prossime in programma saranno quelle di Catania e di Modica, di seguito il calendario completo.