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Alberto, un giovane di 31 anni ricoverato in comunità, il cui sintomo è rappresentato da un delirio persecutorio a contenuto erotico (è convinto che, appena si addormenta, sia gli ospiti che gli operatori gli ‘buttano lo sperma’), dorme malissimo, è diffidente, sospettoso e indossa due/tre pantaloni uno sull’altro. A nulla sono servite le rassicurazioni degli operatori di vegliare quando lui dorme, né le discolpe degli ospiti di volta in volta accusati, né tantomeno gli psicofarmaci. Allora, nel tentativo di correggergli il disturbo comportamentale di indossare, anche in estate, più pantaloni, Alberto, dopo accese controversie con il personale infermieristico, è stato ‘obbligato’ a vestirsi decentemente, specialmente quando usciva all’esterno della comunità. Nonostante il successivo rinforzo positivo di gratificazione, non-verbale e verbale, del suo essere così ‘più elegante’, non si è avuto alcun miglioramento, ma al contrario un peggioramento sintomatologico. Solo quando, dopo supervisione nell’ottica della GT, abbiamo accettato il disturbo comportamentale del paziente come il suo modo di difendersi, proteggersi, verbalizzandolo come una soluzione sua creativa, si è ottenuto un miglioramento clinico. Infatti quando un giorno, in riunione, cominciò di nuovo, agitato e sudato, ad imprecare perché ‘gli buttavano lo sperma di notte’, un’infermiera gli disse in tono convincente: «Ma di che ti preoccupi, tanto tu ti metti due pantaloni più il pigiama!». Era una risposta nuova, non più il solito: «Non è vero, finiscila!», o simili. Alberto si calma di colpo e dice: «Ma allora mi credete?». La ferma risposta – «Certo!» – dello psichiatra (che ovviamente non era relativa al delirio, ma al riconoscimento della sua sofferenza) aveva avuto il mirabile effetto di placare la sua angoscia. Accettare il sintomo come ‘atto creativo’ del paziente ha consentito ad Alberto di sentirsi compreso fino in fondo e di iniziare ad instaurare un clima di fiducia negli operatori. Adesso Alberto continua sempre a delirare, ma non ha bisogno di indossare più pantaloni o di non dormire: sa che gli operatori lo ‘proteggono’.

Paola Argentino, “Comunità terapeutiche e riabilitazione psichiatrica: il Modello Gestaltico Comunitario” in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di psicopatologia gestaltica, Ed. Il pozzo di Giacobbe, pp. 123-124

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