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All’esame del Disturbo Borderline di personalità dedicheremo la prossima lezione del Corso di alta formazione in Psicopatologia gestaltica, con crediti ECM.

Come è stato detto, essere borderline può essere considerato un’invenzione artistica per sottrarsi alle angosce psicotiche della madre. Intorno al sesto mese, il bambino, assimilata la confluenza, attraverso la percezione dei confini dell’altro percepisce in modo più chiaro il proprio confine: inizia ad orientarsi, ad introiettare, si trova impegnato a dare il giusto nome al suo sentire (piacevole o spiacevole, buono o cattivo, freddo o caldo). La madre sufficientemente “sana” o “buona”, direbbe Winnicott, si sintonizza con il vissuto del bambino, intuisce i bisogni del figlio e li discrimina dai suoi: inizia una danza, un ritmo, tra il dare e il ricevere. Invece la madre intrusiva e confusa (in Gestalt Therapy parliamo di “confluenza nevrotica”) non permette ai vissuti del bambino di emergere, confonde i vissuti del bambino con i suoi e glieli rimanda in maniera confusa e ambivalente.

[…]

Nella GT colui che per primo ha teorizzato, a livello diagnostico e clinico, sui borderline è stato Isadore From. Egli afferma che l’intrusività della madre ha interrotto nel bambino il processo di sperimentazione e valutazione della propria esperienza interna: invece del riconoscimento del sentire del bambino, la figura materna interpreta e valuta l’esperienza del bambino in modo errato, confondendola con il suo bisogno. Il bambino è stato quindi precocemente iperdefinito (hai sonno, sei triste, ecc…) con una falsa ed ingannevole sorta di empatia che non gli permette di apprendere il giusto nome del suo sentire. L’esperienza del bambino è stata interrotta determinando una difficoltà nel processo di simbolizzazione e di significazione dell’esperienza.

[Valeria Conte,  Il paziente borderline: una ostinata e sofferta richiesta di chiarezza , GTK 1 Rivista di Psicoterapia]

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