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 Da un punto di vista fenomenologico ed ermeneutico, però, quel che rimane (fecondamente) non tematizzato nell’orizzonte dei nuovi studi è il divenire, colto nel suo darsi, della ‘relazione narrativa” stessa, nonché la sua effettiva, imprescindibile azione strutturante. Resta insomma aperto il tema dell’organizzarsi in progress del testo narrativo di fronte all’altro, dinanzi a un ‘tu’ che non interviene semplicemente ex post a conferire una marca narrativa ad un qualsiasi prodotto, ma agisce creativamente nello spazio della relazione in cui il testo si struttura e si compie. […] D’altronde, anche il ripensamento ermeneutico ricoevriano non può sfuggire alla questione, se “il tempo significa questo sempre della non coincidenza, anche questo sempre della relazione – dell’aspirazione e dell’attesa”, se il tempo primario si impara di fronte all’altro, nel desiderio e nell’aspettazione di lui. Non possiamo dunque pensare la fenomenologia del racconto senza tener conto di questa dimensione essenziale dell’evento: si racconta ‘il’ tempo e ‘nel’ tempo, ma in quanto si racconta ad altri, dove con ‘altri’ non si intende il “narratario” o il “destinatario” dei narratologi strutturalisti – necessariamente ridotto ad un codice, ad un modello, anche dagli approcci più raffinati -, bensì un corpo vivente (e parlante) in relazione. In un contesto teorico così ampio e complesso, le pagine che seguono non rappresentano altro – lo dicevo sopra – che un primo tentativo di abbozzo dei contorni del problema, lasciandone però intravedere almeno la rilevanza.
Antonio Sichera, Per un’ermeneutica della narrazione, in Testo. Studi di teoria e storia della letteratura e della critica, 63 Nuova Serie- Anno XXXIII, Gennaio-Giugno 2012, Fabrizio Serra Editore, pag.23-24



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