“Ma il giorno in cui ci apersero i cancelli, che potemmo toccarle con le mani quelle rose stupende, che potemmo finalmente inebriarci del loro destino di fiori”. “Divine, lussureggianti rose! Non avrei potuto scrivere in quel momento nulla che riguardasse i fiori, perché io stessa ero diventata un fiore, io stessa avevo un gambo ed una linfa” (Alda Merini, 1997).
Ma questi “fiori”, nascono in un deserto, un deserto relazionale, di storia vissuta con arsura affettiva e di presente ingrato e sfuggente. “Chi sono, dove sono, perché ci sono?…” sono domande esistenziali di poco conto, rispetto al grande dramma dell’incontro con l’altro, al “come” entrare in relazione, al bisogno di soddisfare l’intenzionalità al contatto che freme struggente nell’intimo umano.
Lo sviluppo dell’identità è essenzialmente un processo relazionale: il Sé si costruisce al “confine di contatto” ovvero lungo la linea di demarcazione dell’incontro con l’altro.
Dalle informazioni verbali e sensoriali assimilate nel tempo nelle relazioni significative del mio vissuto, dalla percezione di me riflessa nel contatto con te (la luminosità del tuo sguardo su di me, l’intonazione della tua voce, il calore delle tue carezze o la violenza del tuo rapportarti con me, il come tu mi definisci, ecc.) si struttura ed integra il mio Sé.
Paola Argentino