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E’ bene ricordare che nell’addiction il soggetto vive uno scarto enorme tra lo schema corporeo inconsapevole e il corpo reale. Nel corpo vissuto del paziente, infatti, esistono vuoti profondi e laceranti. E’ qui che nasce l’equivoco dell’addiction: una bomba di sensazioni per nascondere il vuoto. Se nell’addiction l’esplosione di emozioni evita il processo di “riparazione” e ricostruzione dello schema corporeo, in un processo terapeutico quel vuoto si riempirà attraverso una relazione dentro la quale avverrà la ristrutturazione dello schema corporeo in termini di integrità e pienezza. Esiste un numero più grande di cento? E’ la domanda che il povero soldato rivolge ingenuamente all’amico che gli rimprovera di aver venduto un prezioso tappeto (bottino di guerra) al modico prezzo di cento denari. Chi soffre di addiction non sa che esiste un numero più grande di cento: è bloccato in un tipo di piacere che, in quanto fuori da una relazione con un Tu, non conduce alla relazione e non può dunque essere assimilato.  Quando un’esperienza crea una scissione (pieno/vuoto), si cristallizza, non riesce ad aprirsi ad un piacere più pieno, più completo e duraturo e diventa prigione e ossessione. La trappola delle sirene interrompe il ritmo della crescita che modula un’armonia polifonica tra il corpo, il tempo e l’altro. Compito di ogni percorso terapeutico è fare scoprire al paziente che de-lira (che ha perso la lyra), la musica divina di Orfeo che vibra in ogni corpo e che canta l’unicità e l’incontro, l’assimilazione e la crescita.
Giovanni Salonia, Presentazione, in La relazione assoluta. Psicoterapia della Gestalt e dipendenze patologiche, a cura di Giancarlo Pintus e Maria Vittoria Crolle Santi, ed. Aracne, pagg. 27-28




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