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Una linea di lavoro specifica per lo stile ossessivo riguarda il portare al confine di contatto le emozioni di cui si ha terrore proprio perché si tratta di interruzioni dell’azione. Si tratta di proporre esercizi fisici che facciano sperimentare l’energia corporea che si innalza, raggiunge un’acme e ridiscende. […] In realtà il paziente non ha soppresso ma ha evitato – per paura – di sentire l’aggressività, per cui nel proporre tali esercizi è necessario stare molto attenti a non dare al paziente l’immagine di una persona da colpire (aumenterebbe il terrore e la sintomatologia) e dare, specie nelle prime battute, un sostegno anche corporeo al paziente. Anche l’emettere un suono che venga dal profondo e che raggiunge in modo progressivo il suo apice si rivela utile. Aiutare il paziente a costruire l’urlo come espressione di integrità e di pienezza – nel senso delle arti marziali o della terapia primaria di Janov – è un modo di sostenere la sua energia. Attraverso questi esercizi il corpo del paziente apprende progressivamente a fidarsi dell’energia e a rischiare di esprimerla. È importante che ci sia in tutti gli esercizi fisici l’andamento del crescendo, dell’acme e del plateau: si tratta, in effetti, della metafora del percorso che porta alla pienezza del contatto. Mentre per il depresso l’esercizio fisico ha lo scopo di fargli sentire il corpo attraverso una stanchezza reale, per l’ossessivo l’esercizio serve a distendere il corpo e a far prove di contatto allenando il corpo. Dopo un esercizio completo, il paziente rimane piacevolmente sorpreso di quanta distensione sperimenta e di come i pensieri ossessivi siano andati via (almeno per un po’).

Giovanni Salonia, L’angoscia dell’agire tra eccitazione e trasgressione. La Gestalt Therapy con gli stili relazionali fobico-ossessivo-compulsivi, in G. Salonia, V. Conte, P. Argentino, Devo sapere subito se sono vivo. Saggi di psicopatologia gestaltica, Ed. Il pozzo di Giacobbe, pp. 220-221


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