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Il trivio è il luogo del dramma: il luogo dove si decidono le sorti.  Luogo dell’incontro che può diventare rivelazione e riconoscimento della comunione di sangue o, come purtroppo accade ad Edipo e a Laio, luogo dell’arroganza, del non-riconoscimento e, quindi, della morte. 
Siamo partiti, assieme a Edipo e a Laio, alla ricerca della verità e ci siamo ritrovati nel trivio delle relazioni. Abbiamo scoperto che verità e relazione sono intimamente connesse. Ancora di più: chi pensa di possedere la verità si può trasformare, come ci insegna la storia, in un omicida. La forza della verità è distruttrice se si sprigiona fuori dal circuito della relazione. Qualità intimamente costitutiva della verità è la relazionalità, il suo essere inevitabilmente dialogica perché irrimediabilmente contestualizzata nelle coordinate spazio-temporali. La verità smarrisce se stessa quando, divenendo pretestuosa e presuntuosa, si sottrae alla relazione. È stato scritto che la verità, per essere tale, deve essere “crocifissa” e cioè sottoposta (è questo il senso della hypomonè) alle fatiche dell’umano incontrarsi.  In altre parole, entrando nel trivio della verità si accede al triangolo delle relazioni. La relazione non è, infatti, solamente il grembo dove può nascere la verità, ma è essa stessa la verità che cerchiamo. In fondo, quella che cercano Laio ed Edipo è appunto la verità delle loro relazioni: chi è mio padre? Chi mi ha dato i natali? Chi è mio figlio? Chi mi farà morire? Padre e figlio si cercano con sentimenti opposti: Edipo vuole sapere chi è il padre (non nutre intenzioni omicide), Laio vuole sapere se è riuscito ad uccidere il figlio (ovvero ad evitare di ricevere la morte da colui al quale ha dato la vita). 
Nel trivio vengono cambiate le carte del gioco: Edipo si ritrova ad uccidere colui che invece cercava e Laio ad essere ucciso da colui che aveva tentato di uccidere. È terribile come la vita (o la divinità) si prenda gioco di due ciechi che non sanno di esserlo. Edipo stesso riconoscerà di vedere molte più cose solo dopo aver trafitto i suoi occhi. In questo trivio – se non vogliamo essere ciechi (come Sofocle?) – è assente una persona precisa: sono presenti Edipo e Laio, manca Giocasta. È intrigante questa assenza, nella realtà e nella metafora. A questo punto può risultare illuminante chiedersi: ma se Giocasta fosse stata presente nel trivio, Edipo e Laio si sarebbero riconosciuti? Se nel trivio fosse stato presente quel corpo di donna dentro il quale entrambi, in modo diverso, avevano dimorato, avrebbero padre e figlio riconosciuto il legame di sangue che nel ventre di Giocasta era germinato? Se fosse stata presente la donna, colei che, per definizione, presiede alla vita, Laio e Edipo avrebbero avuto il coraggio di  sfidare e mutare il loro destino di morte rimanendo vivi?  Forse… forse se Giocasta fosse stata in quel trivio, allora se ne sarebbe rivelata l’essenza intima: il triangolo primario, che dell’incontro e della vita è matrice.

Giovanni Salonia


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