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È impossibile provare a mettere ordine nella confusione emotiva di M. o ipotizzare spiegazioni per le sue reazioni agli eventi. La sensazione e l’immagine che ho sono di nuovo quelle di una zattera da trovare, a cui aggrapparsi in mezzo alla tempesta. Non importa il senso, per ora, quanto ritrovare un clima, un fondo su cui sostare. Provo a ‘rammendare’ i dettagli; piccolissimi interventi sul dove e il quando, sul ‘mettere in fila’, sul richiamare episodi simili già raccontati, sul ‘mentre stavi così… allora l’altro’. M. respira in modo un po’ meno affannoso. Ad un certo punto si ferma e mi dice:
«Quindi questo… è una gran casino eh? Sembra Beautiful… ora però è un po’ meno un casino».
Sospira, poi si alza e va verso la porta finestra del mio studio:
«Certo che è bello qui, questo paesaggio davanti, le rose sul terrazzo… è tranquillo…».
Mi alzo e mi metto accanto a lui guardando i campi che si stendono davanti a noi. Mi guarda:
«Vedi, quando sono qui è come se mettiamo ordine… il problema è che quando esco è di nuovo il caos. Ci vediamo la settimana prossima?».
Prima di poter entrare in contatto con me, M. sembra aver bisogno di tessere una trama da dire a sé stesso. Al contempo, direi che questa trama emerge al confine di contatto tra le sue lacerazioni e i miei ‘rammendi’. Per trama intendo la possibilità, per il paziente, di raccontare a sé stesso il senso degli eventi e delle relazioni attuali. Se da un lato, in un’ottica ‘genetica’, l’ipertrofia del presente è un modo di costruire l’esperienza, che va riagganciato al senso di una continuità della propria storia, dall’altro bisogna tener conto che è proprio nel presente, nelle relazioni reali e attuali, che la confusione sui vissuti e il terrore dell’imbroglio nella vicinanza sono insostenibili.

Andreana Amato, “«…Come se fossi nata ‘dispara’…» Il modello di Traduzione Gestaltica del Linguaggio Borderline (GTBL). Attestazioni cliniche”, in G. Salonia (ed.), La luna è fatta di formaggio. Terapeuti gestaltisti traducono il linguaggio borderline, Ed. Il pozzo di Giacobbe, pagg. 92-92



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