Con il progredire della degenerazione neurale, il paziente DA perde la memoria autobiografica e con essa la componente verbale-narrativo-storica della propria identità costruita attraverso l’assimilazione delle esperienze relazionali vissute, necessaria per riconoscersi in una definizione di sé e sentire il senso della propria ‘continuità’ nel tempo. Progressivamente perde la capacità di rappresentare se stesso e di essere in contatto con l’immagine di sé.
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Opera di Angelo Ruta |
Questa memoria, che in Gestalt Therapy è definita funzione-Personalità, costituisce la ‘biografia vissuta’ in quanto memoria corporea delle esperienze di contatto. Il paziente perde l’accesso dichiarativo, episodico e semantico a questa funzione e ciò non gli permette il dialogo intrapersonale cioè il parlare a se stesso di tutto ciò che gli accade, che è la consapevolezza di sé. Il paziente si smarrisce al punto «da non riuscire a dare del Tu a se stesso». Le sue parole sono sconnesse dall’esperienza: egli perde le parole del mondo e del corpo, le parole per dire e per dirsi. C’è uno scollamento tra sé (chi sono io) e l’esperienza corporea (cosa sento): ciò determina la perdita dell’identità relazionale che per la GT è nel corpo in relazione. Ciò che possiamo osservare è che il paziente non ha una consapevolezza di sé aggiornata nel qui e ora dell’esperienza ma si assiste ad una ricollocazione esistenziale in cui il paziente si colloca in una dimensione spazio-temporale che non è quella dell’Ambiente condiviso nel presente ma quella soggettiva del passato ancora accessibile e rimembrato. Questo fenomeno, imputabile all’erosione della memoria autobiografica, sembra legato al fatto che i pensieri di identità (chi sono io) e di relazione (chi sei tu; cos’è ciò che mi circonda) siano ricostruiti dal paziente sulla base delle residue conoscenze autobiografiche e semantiche.
Grace Maiorana e Barbara Buoso, Il frammentarsi delle traità nella demenza di Alzheimer. Ed io avrò cura di te: ricucire trame smarrite, in GTK 6, Rivista di Psicoterapia, Maggio 2016, pagg. 22-23
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