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Sul costrutto di base che la funzione del dolore è, sul piano biologico, di segnale di allarme, e, sul piano psicologico, di spinta motivazionale al benessere, l’International Association for the Study of Pain classifica come “needless pain”, i dolori intrattabili sul piano clinico e devastanti sul piano psicologico e sociale. Di conseguenza tutte le sindromi algiche di tipo progressivo, cronico, sistematico ecc., vengono classificate come “needless pain”, non rispondendo ai criteri interpretativi né di segnale di allarme, né di cura e recupero di uno stato di benessere e di salute. Per capire l’esperienza tragica occorre trascendere il limite interpretativo della medicina occidentale, ed avvicinarsi di più al concetto di “dolore totale” coniato da Saunders per indicare quella esperienza dolorosa che non ha tempo né durata, non è reversibile e non serve per cercare o trovare una risposta terapeutica. In queste situazioni esistenziali l’impotenza del terapeuta di fronte alla risoluzione del dolore del paziente spesso determina quella frustrazione che, in fondo, è il prodotto sanguinante della sua ferita narcisistica. Forse solo in questo contesto si può accettare il termine di “dolore inutile” come esperienza quindi di inutilità del terapeuta, che vive il sogno/delirio onnipotente di eliminare il dolore, tipico della cultura occidentale. […] Diversa è la posizione del terapeuta che riconosce la funzione etica del dolore, ed in tal modo riconosce nell’essere umano che gli sta di fronte, nell’ascolto e nella memoria del dramma della sua esistenza, la capacità di lotta per la vita, nella consapevolezza imprescindibile del limite umano.

Paola Argentino, Tragicità dell’esistenza e palingenesi terapeutica in Tragedie greche e psicopatologia a cura di Paola Argentino, Medacalink Publishers, I edizione 2005, pp. 20-22







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